Mente e corpo

close up photo of woman with black and purple eye shadowLe arti marziali non possono essere definite precisamente con il termine di sport quale noi lo intendiamo oggi: questo perché sono diverse nella concezione e negli scopi; hanno una tradizione e una componente filosofica e formativa che vanno infatti ben oltre la pura parte agonistica. Esse sono nate per motivazioni ed esigenze precise, e anche il loro corso storico ha un suo significato. Per loro stessa definizione, il loro scopo è il perfezionamento del carattere.
Si può subito notare una differenza fondamentale: gli sport occidentali tendono a enfatizzare la competizione, mentre le arti marziali orientali hanno posto più l’accento sull’autoconoscenza. Hanno quindi alla base una filosofia inerente al loro stesso modo di vivere, che enfatizza tra l’altro l’osservazione rispetto all’azione, l’integrazione tra corpo e mente, e ha una forte componente meditativa. Ed è perciò che anche gli aspetti non-fisici delle arti marziali hanno un’influenza a lungo termine sui cambiamenti psicosociali dei partecipanti. Le ricerche che comparano le arti marziali con altre attività fisiche suggeriscono in genere che le prime producono cambiamenti psicosociali migliori sia in qualità sia in quantità rispetto a quelli prodotti da molte altre attività. Il tai chi chuan, per esempio, è ritenuto la pratica marziale per eccellenza per ridurre l’incidenza dello stress. Rispetto ad altre attività fisiche, riduce l’incidenza di incubi notturni e conduce a maggiori decrementi nella rabbia e disturbi d’umore. Vi sono casi in cui i risultati forniti da una terapia marziale sembrerebbero essere migliori di quelli offerti da una psicoterapia. Questo probabilmente perché le arti marziali consentono, per loro propria definizione, un soddisfacente lavoro sia sul corpo sia sulla mente. Non si sa però esattamente quali aspetti influiscano maggiormente sui vantaggi psicologici offerti dalla pratica: potrebbe essere più l’aspetto fisico, o la filosofia che soggiace a ognuna di esse, o ancora l’influenza dovuta al maestro (molto più di un semplice allenatore); o, ancor più probabile, la combinazione di tutti questi fattori messi insieme.
Esistono invece alcune problematiche che non sembra possano essere trattate con le arti marziali. Jasnoski e collaboratori, per esempio, hanno trovato che l’esercizio aerobico era efficace nel ridurre le caratteristiche della personalità di tipo A (aggressività. iper-allarme, emozioni ostili), mentre con l’aikido non si otteneva lo stesso risultato.
Resta poi da considerare il fatto che non si può prescrivere una pratica che sia uguale per tutti: bisognerebbe valutare attentamente, per esempio, se un soggetto è maggiormente predisposto a un’arte marziale offensiva oppure difensiva.
Va infine considerato che le arti marziali sono controindicate in alcuni casi: in particolare sono controindicate per soggetti che potrebbero usare le tecniche di combattimento in maniera inappropriata, come personalità sociopatiche, o persone che fanno abuso di droghe o alcolici.
A seguito delle ipotesi sulle possibilità psicoterapeutiche offerte, si prospettano perciò molteplici sviluppi di ricerca, riguardo al loro impiego come psicoterapia, da sole, o come un’utile integrazione alle terapie verbali.

Alessandro Mahony
Psicologo, ricercatore universitario Cattedra di Psicologia Clinica
Facoltà di Medicina e chirurgia Università degi Studi di Brescia

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