Sono passati alcuni mesi dall’ultimo articolo e mi rendo conto che le cose che vorrei dire sono ancora di più di quelle che riesco a scrivere. Sono indubbiamente cambiate parecchie cose da quando il nuovo virus ha gettato questo mondo nel panico e nella confusione informativa, ma certe cose sono rimaste le stesse. Il vantaggio di chi possiede una “buona pratica” da svolgere quotidianamente ha consentito di proseguire anche nel #lockdown i propri doveri di studio, lavoro, cultura personale.
Ho pensato molto in questo periodo e ho analizzato tante cose, tanti comportamenti su cui non mi ero mai soffermato molto, preso dalla frenesia della quotidianità. Ho valutato e ri-valutato il compito doveroso di un maestro, colui che si occupa della formazione, della crescita personale degli allievi, donando spesso molto di più di nozoni meramente tecniche e formali ma spesso e volentieri analizza la personalità di un allievo e ne stabilisce un possibile miglioramento. Sono convinto che anche a me sia accaduto con pochi che reputo “maestri” nonostante ne abbia conosciuti tanti nella quarantennale pratica delle Arti.
Mi sono accorto, rallentando i tempi e avendo così il tempo necessario a pensare, valutare, di quanto io abbia cambiato mentalità, approccio, versatilità, alle Arti che provo a praticare. Mi sono anche accorto che come insegnante sono molto più soddisfatto di quando ho iniziato, non tanto perchè le mie esperienze mi abbiano colmato di maggiore conoscenza da diffondere ma per il solo fatto che dopo una lezione in dojo, a scuola, in una esibizione o un temae sono rilassato come chi è felice di avere trasmesso qualcosa. Forse pure di avere migliorato o arricchito chi mi stava di fronte.
Non mi preoccupo più di avere un pubblico realmente interessato, recettivo, ma resto alla fine del mio compito soddisfatto di ciò che ho fatto, detto, diffuso come se fossi certo di avere dato qualcosa che le persone potessero interiorizzare davvero, a proprio piacimento. Non certo perchè mi reputo un fenomeno o un saccente, ma perchè sono sereno e di questa serenità mi beo; certo, le critiche possono arrivare e colpire ma so di avere svolto il mio ruolo di insegnante nel migliore dei modi possibili.
Così mi sono trovato a ripensare ciò che i miei allievi in tutto questo tempo passato mi hanno comunicato, criticato, asserito, negato, o contestato. Mi accorgo nella tranquillità di una probabile sopraggiunta maturazione che io ho fatto il mio dovere per ciò che potevo, mi raggiungono limpide le parole del mio ultimo speciale Maestro che afferma: “…Se spieghi qualcosa che sai a dieci persone capiranno ognuno dieci cose diverse, il vissuto e la capacità di analisi di ognuno è personale e arriverà quindi a ragionamenti anche diametralmente opposti… “.
Da qui il mio pensiero: “Il mare muove l’acqua e la infrange sotto forma di onde sugli scogli, ma ogni onda è diversa dall’altra e crea risultati diversi… mai simili”. Non voglio certo filosofare, in un certo senso mi ricorda il detto che spesso cito durante le cerimonie del Tè giapponesi: “Ogni istante è unico e irripetibile” [Ichi go ichi-e]. Sta semplicemente a significare che anche ogni allievo prende e recepisce per quanto può, per quanto vuole cambiare, in realtà nessuno lo fa consciamente. Mi è sempre piaciuto pensare che non sono davvero i gradi o la cintura nera che fanno un buon allievo ma quanto si affidi a te per diventare una persona migliore, con coscienza e conoscenza non solo tecnica ma del proprio Sè.
Così quando penso che molti allievi che ho avuto, hanno abbandonato la pratica nonostante fossero anche capaci e meritevoli, amo pensare che magari siano davvero diventate persone migliori e abbiano avuto bisogno di applicare nella vita ciò che hanno provato nella loro pratica precedente, mettendosi in gioco come non avrebbero saputo fare prima. Lo so, può sembrare presuntuoso da parte di chi deve semplicemente fare eseguire kata, cultura e conoscenza di tecniche sportive efficaci, ma sono arrivato ad una età in cui la mia pratica e il mio vissuto paiono avere avuto una evoluzione che nemmeno io stesso mi aspettavo.
Credo fortemente di essere diverso da tanti altri, forse per la mia formazione e i Maestri che mi hanno formato, forse per le discipline che ho la pretesa di insegnare oppure chissà che altra evoluzione mi ha reso più cosciente e meno incerto di “non essere all’altezza”. Mi ritengo un buon insegnante e divulgatore e guardando indietro credo fortemente di avere avuto al mio fianco persone degne di essere chiamate Allievi.
In definitiva: grazie ai miei allievi, passati e presenti, che credono di poter migliorare loro stessi attraverso una sana pratica che va oltre le capacità tecniche, gli esami, il programma tecnico esageratamente ricco, le proprie possibilità di tagliare con la spada bambù da 30 cm. Il miglioramento avviene tramite la condivisione, la correttezza, la lealtà e il rispetto di ciò che facciamo ogni giorno ad ogni livello e specialmente nelle cose semplici dove mettere sè stessi non è da tutti.
Sandro Savoldelli sensei - Italy Bugei Renmei - Clan Bushido
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