Attraverso la pratica ho avuto modo di allenarmi alla resilienza. Ricordo quando mi preparavo per qualche competizione di kata e come, nonostante il quotidiano allenamento, i miglioramenti tardassero a manifestarsi: alcuni passaggi venivano prontamente colti dalla mente, ma il corpo sembrava faticare a farli suoi. Inutile dire che a volte il traguardo pareva lontano e irraggiungibile, gli avversari più bravi e dotati, la strada da percorrere ancora lunga e faticosa.Sarebbe stato più facile cedere e lasciar perdere.
È in quei momenti che decidi chi vuoi essere, non ci sono Maestri in grado di motivarti, non ci sono genitori in grado di consolarti. Ci sei solamente tu a decidere se rialzarti dopo l’ennesima caduta e proseguire o gettare la spugna, decidi tu se continuare anche quando senti “bruciare” i muscoli delle gambe dalla fatica.
Se però, nonostante tutto, stringi i denti e perseveri nel voler raggiungere l’obiettivo che ti sei prefissato, che tu vinca o perda, che tu riesca a tagliare o meno il traguardo, allora avrai conquistato una forza che ti porterai dentro per tutta la vita e che ti sosterrà nei momenti difficili. Non importa quale sarà l’ambito (lavorativo, personale, familiare ecc.), se avrai allenato la resilienza sarai pronto ad “accendere il fuoco” dentro di te, sarai pronto a impegnarti, tenere duro e arrivare alla fine.
Del concetto di resilienza mi piace il richiamo a non mollare mai, qualsiasi cosa accada, nonostante tutto, considerando anche gli accadimenti negativi come incidenti di percorso gestibili, momentanei e circoscritti; mi piace l’ottimismo incrollabile del resiliente che gli permette di vedere i cambiamenti come una sfida e un’opportunità, piuttosto che come una minaccia al suo progetto; mi piace la speranza che nella persona resiliente gli permette di affrontare anche la momentanea sconfitta senza drammatizzarla, cogliendone gli aspetti positivi e facendo tesoro di quelli negativi; mi piace quel pizzico di follia che alberga nel resiliente, che lo fa rialzare anche alla centesima caduta, consapevole che l’obiettivo è lì davanti a lui, raggiungibile nonostante tutto.
A volte sento confondere resilienza e volontà. A mio modesto parere sono due concetti vicini ma, comunque, diversi ed entrambi utili quando si affronta un percorso di crescita personale. La forza di volontà è quella spinta che ci aiuta a perseguire i nostri obiettivi (qualunque essi siano) con costanza e determinazione grazie a una molla interiore, a un fuoco che arde dentro e ci permette, ad esempio, di alzarci alle 5.00 di mattina per andarci ad allenarci quando abbiamo deciso di partecipare alla prossima maratona. È altresì quella forza che ci viene in soccorso e ci fa dire no alla TV, al divano, all’aperitivo con gli amici, quando abbiamo deciso di rimetterci a studiare nonostante i nostri 40 anni e i tanti impegni.
La resilienza è invece quella che ci permette di perseguire i nostri obiettivi nonostante le sconfitte, i contrattempi, le batoste, i pareri poco positivi di amici e parenti. La resilienza è quella forza che ci permette di rialzarci quando tutto sembra contro di noi, quando il mondo sembra non credere in ciò che facciamo. Ma noi sappiamo che la strada che abbiamo scelto è giusta ed è la nostra strada!
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In generale, le persone che soffrono di ansia d’esame patologica sembrano accumulate da alcune caratteristiche “cognitive”, ovvero credenze, che rendono insopportabile e catastrofico un possibile scenario di fallimento. Spesso, per queste persone, la prova d’esame non si limita ad una prestazione ma coincide con il valore personale che si attribuiscono; in sostanza fallire ad un esame significa essere falliti, compromettere la propria vita, deludere se stessi e gli altri. Il lavoro psicoterapeutico mette spesso in risalto come, nella storia di chi soffre di ansia d’esame patologica, l’autostima ed il valore personale, cosi come l’esser degni di amore, sia stato condizionato dalle “prestazioni”, in primus scolastiche, del bambino.
E’ possibile riscontrare nella storia di queste persone episodi “sensibilizzanti” che hanno orientato il loro iperinvestimento verso il successo scolastico come mezzo efficace per ottenere ammirazione, amore, approvazione o, al contrario, evitare umiliazioni o rimproveri. L’ansia d’esame è spesso accompagnata da pensieri di fallimento, vergogna, paura di deludere gli altri o di compromettere il futuro. In genere, le persone che manifestano eccessiva ansia d’esame hanno un autostima condizionata dagli altri ( professori, datori di lavoro, partner etc.) e quindi più vulnerabile poiché basata su criteri esterni che spesso possono rivelarsi arbitrari.
L’ansia d’esame non è dunque semplicemente l’ansia per l’esame ma l’angoscia, che può sfociare in panico, di dover ogni volta giocarsi tutto: autostima, fiducia, approvazione amore, e rischiare di perderlo. Ognuno di noi esposto a questo rischio manifesterebbe un ansia patologica. Alcune persone che presentano queste caratteristiche possono funzionare abbastanza bene finché un episodio, come una bocciatura imprevista, un voto basso o una prestazione non all’altezza, fa crollare tutta la sicurezza innescando o, aumentando, l’ansia per gli esami futuri. Altre persone sono invece abituate da sempre a fare i conti con la propria ansia d’esame.
Tentate soluzioni dell’ansia da esame
In questi casi, le “tentate soluzioni” messe in atto, ovvero ciò che in genere si fa per superare il problema, si presentano in due momenti differenti:
Prima di un esame:
- Studiare alla “perfezione” credendo che ciò contribuisca a un’ottima performance, cosa che produce la sensazione di non sentirsi mai abbastanza preparati e quindi un blocco;
- Evitare di presentarsi alla prova o rimandare ad libitum;
- Cercare di scacciare o cancellare i pensieri negativi rispetto all’andamento della prova;
- In alcuni casi l’utilizzo di rituali od oggetti portafortuna;
- Farsi accompagnare da un parente;
Durante l’esame, cercare di controllare le proprie reazioni emotive che producono la perdita del controllo. Ragionando in ottica strategica, risulta indispensabile andare ad individuare queste “tentate soluzioni” ridondanti al fine di intervenire per rompere il circolo vizioso che mantiene il problema. Ciò sarà possibile grazie all’utilizzo di tecniche che permetteranno di affrontare le proprie paure, facendo in modo che queste da debolezza, si trasformino in coraggio.
[fonte: psicoweb]
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