Sono passati davvero molti anni da quando conducevo corsi di difesa personale per le circoscrizioni cittadine. Erano i tempi in cui bastava essere un minimo preparati e il bullismo, in ogni sua forma, non era ancora così largamente diffuso e/o le aggressioni non erano notizia quotidiana. Ho smesso proprio quando i corsi di questo genere hanno avuto uno sviluppo spropositato e inutile. Inoltre i pochi che insegnavano questo genere di approccio alla difesa personale erano solamente quelli che avevano alle spalle qualche decennio di discipline più o meno marziali o militari. Oggi non è più così poiché quotidianamente si sente parlare di corsi, più o meno gratuiti, ovunque.
Spesso condotti da giovani di dubbia provenienza oppure con preparazione sommaria, i quali pensano che indossare una tuta mimetica con gli anfibi sia sufficiente a fare intendere all’utilizzatore che si proviene dall’ambiente militare o paramilitare. Non sarò certo io a voler sminuire queste pratiche, peraltro condotto corsi simili capisco che si possa pensare “che parlo bene ma razzolo male”.
Sono da sempre un sostenitore del princìpio per cui la vera “difesa personale nessuno può insegnartela!” Proprio perchè il metodo comune dei mille corsi esistenti in ogni angolo delle nostre città volge a fare cadere le persone nella certezza che ci sia un metodo che va bene per tutti e che come ogni disciplina da combattimento “basta imparare quelle poche tecniche” che poi applicherai in ogni situazione.
Non voglio demolire o denigrare il lavoro di altri (tanti altri), ma un buon corso si può e si deve fare con un minimo di criterio e non bastano di certo quattro lezioni. Innanzitutto il primo lavoro è sugli aspetti psicologici e psichici della situazione, arrivando a capire che ogni situazione è diversa e che quello che noi penseremmo di fare in certe situazioni non sarà ciò che accadrà veramente.
La prima difficoltà sulla quale necessariamente si sbatte la faccia è il fatto che in un corso è raramente riproducibile l’intenzionalità di una aggressione, che già di per sè è finta . Di conseguenza possiamo solo immaginare come la nostra mente reagirà alla rapina, alla violenza con percosse oppure a quella sessuale. Perchè non si devono mai sottovalutare le migliaia di possibili variabili come: luogo, illuminazione, aggressore, compagnia, dotazione per reagire e mille altre cosette che fanno comprendere facilmente che dovremmo farci attaccare a sorpresa in ognuna di queste casistiche solo per riuscire a comprendere “cosa” migliorare nella nostra reazione.
Ciò che intendo fare comprendere è proprio la certezza che ognuno deve allenarsi sulle proprie reazioni, capacità condizionali, psicologia e tempi di reazione, analisi immediata del rischio e il web è pieno di materiale interessante anche fornito dalle Forze dell’Ordine, quindi certamente più consono e opportuno. Non tralasciando poi gli aspetti legali e legislativi che comporta reagire con più o meno fermezza nei termini di legittima difesa, così fortemente discussa negli ultimi anni, ma sempre implementabile e perfettibile.
Certo, si possono dare indicazioni di massima ai corsisti, giusto per fare capire come, dove e quando reagire… sempre che scatti la reazione di difesa e non la fuga o la sottomissione. Ci sono certamente molti aspetti che si possono imparare e inculcare, mettendoli di fronte a situazioni di massima, ma ognuno di loro prima o poi dovrà chiedersi come implementare queste indicazioni secondo le proprie sensazioni di inabilità in un certo ambito e migliorare la propria capacità.
S. Loda Savoldelli sensei
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